PERLE DELLA CRITICA #5

Di seguito riportiamo il testo che accompagnava una mostra inaugurata a febbraio. La segnalazione di questo scritto fa parte della consueta rubrica “perle della critica”, ovvero i modi privi di qualunque senso con cui certi critici spiegano e propongono l’arte!

 

Lame Armoniche, Metamorfosi Esistenziali

di Valentina Chiappini 

A cura di Vania Caruso e Rossella Della Vecchia

Dal 3 al 24 Febbraio 2013

Vernissage 3 febbraio 2013 alle 19:00

Mescolando elementi pop ad un’estetica operazione a ritroso, Valentina Chiappini svela il cortocircuito fra Arte e Mercato. Al suo fare arte sottende una struggente ballata concettuale, manifesto delle ragioni d’essere del “graffio”. In una dicotomica oscillazione tra il costruire e il distruggere si alimenta un ciclo d’infinite metamorfosi esistenziali: un greve ma armonico senso di rottura emerge tra le stratificazioni di colore, dilaniate da un gesto nervoso di cui si impossessa la lama nella mano dell’artista. È a partire da questa riflessione che Valentina Chiappini muove una poetica di resistenza all’Art-System come luogo di spettacolarizzazione, facendole vestire polemicamente i panni del Circo. “Il circo? È il mondo dell’arte”. Testimonianza e accusa di quanto già consapevolmente pubblicato nel 1967 da Guy Debord, L.A.M.E. funge da Arte-Critica, ridicolizzando quell’arte che si vende come merce o puro intrattenimento.

 

Voi cosa ne pensate? Cosa capite da questo testo così retoricamente fabbricato con vuoti orpelli letterari?

“ALLEANZA FRAUDOLENTA”

di X

Per ragioni di “sicurezza lavorativa” sono costretto ad usare l’anonima X per firmare questo articolo. Probabilmente non dirò nulla di nuovo, ma l’arte (e soprattutto la pittura) sta purtroppo morendo, a causa di certi signori. Io sono un pittore e un artista che lavora e ha a che fare con l’arte da diversi anni. Sono, nonostante non abbia grandi cartelloni pubblicitari dedicati, uno che può dire di riuscire a vivere producendo arte, ossia con le mie mostre e le mie opere. Un “miracolato” che è riuscito anche ad esporre all’estero. Pur avendo alle spalle diverse mostre, anche in importanti città, non sono mai riuscito a “sfondare” nel vero senso della parola. Non che questo mi interessi: quello che per me conta di più è l’arte e il messaggio che con essa voglio lasciare alle persone. E credo di poter affermare che molti artisti a me vicini sono della mia stessa opinione. È facile lavorare in questo mondo artistico proponendo il proprio lavoro? Compiendo la propria missione artistica? No. Purtroppo il mondo “dell’arte che conta”, che condiziona i fenomeni artistici, non permette ad una certa arte di poter esprimersi: di poter “parlare”. Mi riferisco soprattutto al mondo accademico, a quello della critica e al mondo museale (professori, critici, curatori, direttori, etc.). Sembra quasi di avere a che fare con una “associazione a delinquere” che opera alla luce del sole e con il consenso di tutti; che lavora contro l’arte vera e autentica: l’arte utile. Nella mia esperienza ho conosciuto accademici e docenti delle università milanesi che facevano tutto fuorché il bene dell’arte. Essi hanno premiato in passato e premiano ancora oggi, organizzando mostre, artisti che risultano poi essere prevalentemente loro conoscenti o amici. Quello che questi professori e questi critici, ritenuti grandi esperti (ma che io considero piccoli uomini), ricercano negli artisti sono forme d’arte nuove, con mezzi tecnici che mai nessuno fin d’ora ha sperimentato. “La tua arte ha anche un bel significato, ma non è di tendenza. Quindi non posso invitarti ad esporre in questa mostra”, mi disse un emerito professore di un’università milanese che stava organizzando una collettiva di artisti contemporanei. Questi graziosi uomini cercano e criticano ed espongono solo l’arte di “tendenza”. Penso che questi illustri personaggi credano solamente nell’arte-moda, nell’arte-decorazione, nell’arte fine a sé stessa, nell’arte come mero sperimentalismo tecnico, nell’arte esteriore, nell’arte estetico-stilistica, nell’arte di artisti-non artisti che non hanno nessuna capacità tecnica (in questo caso potrei fare centinaia di nomi, anche di miei conoscenti). Il mondo accademico – milanese nel mio caso – e il mondo della critica d’arte, promuovendo dei buffoni che non sono veri artisti, provocano innumerevoli danni alle nuove generazioni, ossia ai  giovani artisti e giovani storici dell’arte, poiché impediscono loro di acquisire la capacità di discernere ciò che è importante da ciò che non lo è. Anche l’insegnamento ne risente: anziché fornire un metodo, questi accademici trasmettono un pacchetto preconfezionato di idee da studiare quasi a memoria. Per loro (accademici, critici, direttori di musei) ogni “roba” è una forma d’arte: basta che qualcuno dica che sia arte e che chi la realizza si dica artista. Concludo con una domanda: non si dimostrano incompetenti non distinguendo l’importanza di un’arte vera da un’arte meramente illusoria e inutile?