IL NOBEL ALLA LETTERATURA A BOB DYLAN. E C’E’ CHI (INGIUSTAMENTE) SI INDIGNA!

di Francesco Raimondi

Bob Dylan ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura 2016. Si può non essere d’accordo o essere entusiasti. Poco importa, anche perché in questi ultimi decenni il Premio Nobel è diventato un po’ come il Pallone d’Oro: spesso lo vince chi poco lo merita. Pensiamo che anche Barack Obama è un Premio Nobel per la Pace: quindi si capisce bene la scarsa serietà di questi accademici scandinavi.

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Però, perché c’è un però, Bob Dylan lo ha meritato! Sì, perché lui ha fatto dell’arte uno strumento sociale, politico, civile. Ha fatto sì che l’arte sia utile. Nel suo caso la musica. Perché una cosa è certa: la musica è letteratura, quando le note sono in simbiosi con parole che vanno al di là delle semplici lettere.

Nonostante questo, alcune personalità di spicco del mondo si sono stracciati le vesti. E la provinciale Italia (o parte di essa) sì è indignata, non volendo essere da meno.

Sì, perché tra i più accaniti indignati c’è lui. Uno che dovrebbe essere uno scrittore: Alessandro Baricco. Quest’ultimo, dall’alto della sua elevazione letteraria, ha dichiarato, come riportato dal Corriere della Sera

“Alessandro Baricco, ad esempio, non è convinto, e nella dichiarazione riportata dall’Ansa, afferma che Dylan «è un grandissimo. Andare a un suo concerto oggi è una delle esperienze più grandi ed emozionanti che si possano fare nello spettacolo. Ma, per quanto mi sforzi, non riesco a capire che cosa c’entri con la letteratura»”.

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Crediamo fermamente che la musica sia poesia, sia letteratura e come tale meriti una considerazione letteraria. Potremmo quasi chiederci, allora, cosa c’entrino molti cosiddetti scrittori con la letteratura! Addirittura, cosa c’entrino coi libri! Opinioni. In fondo l’Italia è un luogo strano: la sua editoria di spicco pubblica solo testi e libri di “gente nota” (si veda l’articolo LEGGERE, LEGGERE…MA NON PROPRIO TUTTO), non investendo più in giovani scrittori. Probabilmente la domanda da farsi è: esiste ancora la letteratura e il rispetto per lo scrivere?

Ma, forse, la “letteraria uscita” di Alessandro Baricco dimostra come questo paese, e quella categoria aberrante dei cosiddetti intellettuali, viva a scompartimenti stagni: musica, pittura, letteratura, poesia. Io la chiamo semplicemente arte. La musica utilizza parole, e se queste vengono armoniosamente composte, e poi musicate, divengono poesia ed infine letteratura.

Al di là di tutto, in Italia non siamo per nulla abituati ad associare le arti tra loro; ad associare musica e letteratura, musica e poesia. E questo lo si può in fondo comprendere: siamo un paese che ha in vetta alle classifiche musicali nazionali gente come Jovanotti, Fedez, J-Ax, Ligabue…  e non aggiungiamo altro che è meglio! In fondo, parafrasando il saccente concetto espresso da Baricco, potremmo anche chiederci cosa c’entrino questi “cantanti” con la musica!

Evviva Dylan. Evviva la sua musica rivoluzionaria!

LO STRAPPO

di Federica Bologna

“Uno può andare avanti gli anni a perfezionare il salto ventrale, poi arriva uno e salta di schiena. Questo è uno strappo”. È con un frammento della storia del salto in alto che parte la prima delle quattro Palladium Lectures tenute da Alessandro Baricco al Teatro Palladium di Roma, 17-20 Gennaio 2013. Cercarono di insegnargli lo scavallamento ventrale, ma Dick Fosbury vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1968 saltando al contrario e atterrando di schiena. Il fenomeno Fosbury.

Si leggono molti libri, nella vita. Si sente musica, si studia, si vanno a vedere quadri, si viaggia, e dopo un po’ di anni, se le cose sono andate bene, è come se si avesse davanti agli occhi un lungo dipinto che dall’antichità arriva ai nostri giorni. È il ritratto di come gli umani si sono mossi, con la mente, durante secoli: di come quello che piaceva a un tratto non è piaciuto più, di quello che non conoscevano e che poi hanno scoperto, del momento in cui ad esempio si sono stufati della tragedia greca, o del momento in cui si sono messi ad amare quadri in cui c’erano disegnati dei quadrati di colore. “Abbiamo un bellissimo modo di muoverci nel tempo”, spiega Baricco, “l’Illuminismo è arrivato con un bellissimo gesto, elegante, non dall’oggi al domani. La Rivoluzione Francese invece è stata più rapida, il Muro di Berlino è caduto in un giorno. L’arrivo degli Impressionisti? Qualche anno. Vedete come l’animale muove il corpo molto velocemente, poi la coda fa un bellissimo movimento lento…e si muove. Di questo movimento mi piace una sezione: quando l’animale si muove bruscamente. Risalire da Balzac a Flaubert non è difficile, ma per capire come in pochi anni si sia passati da Proust a Celine beh…questo non lo puoi capire”.

Kate Moss_the face 1990Era il 1990 quando nella copertina estiva di The Face compare una ragazzina coi denti storti, il viso deformato da una smorfia tremenda e in testa una frittata indiana. La fotografa era Corinne Day, la modella Kate Moss. All’inizio degli anni Novanta il concetto di bellezza era molto chiaro, ed era incarnato da Cindi Crawford, Claudia Schiffer, Naomi Campbell, Linda Evangelista, Christy Turlington e poche altre. Le Top. Ma Kate Moss, così pericolosamente magra, immortalata in stanze spoglie o in ginocchio su un letto sfatto, fece diventare Claudia Schiffer un dinosauro nel giro di pochissimi anni.

“È un idiota senza talento, è un pubblicista e non un artista”, Jannis Kounellis, Parkett, 1988. Queste le parole usate per definire il genio della Pop Art Andy Warhol, in mostra a Palazzo Reale, Milano, dal 24 Ottobre 2013 al 9 Marzo 2014.

Un altro Fosbury. Più di Picasso, Warhol ha incarnato l’artista totale del ventesimo secolo. Già, perché se Picasso è il gigante assoluto dell’arte, Warhol è anche il gigante della società dei media, l’artista che ha intuito prima di ogni altro il fascino che la celebrità avrebbe avuto sulla società contemporanea. È stato il primo a rendere famosa una scatoletta di Campbell’s Soup al pari di Marylin Monroe, Liz Taylor e Mao Zedong. È stato il primo a proporre come arte (perché reali, quotidiani e familiari) un incidente automobilistico, la sedia elettrica, i dollari. Quando si parla di Warhol, si parla di prime volte: ecco perché è geniale, ecco perché è un’icona.

Al Mart di Rovereto si è conclusa questo Gennaio la mostra dedicata ad Antonello da Messina: poche le novità nei suoi lavori che sono tutto un intreccio di spunti provenzali, fiamminghi, italiani e veneziani. Raramente riesco a dare torto a Baricco. Ma l’Annunciata di Palermo, così sola senza l’angelo al suo fianco eppur decisa e risoluta, è un’opera di tale forza e potenza che ha tutto il diritto di essere considerata uno strappo all’interno dell’arte Rinascimentale del Quattrocento. È un’opera geniale, solo non lo è in modo manifesto.

Il nodo si scioglie, e gli schemi crollano, quando Baricco afferma che “In generale io faccio sempre lezione con questo obiettivo: dare delle risposte che a loro volta generano delle domande”.