IN ITALIA L’ARTE DOMINA OGNI COSA

di Nicolò Raimondi

«A parte la bellezza dei paesaggi e la dolcezza del clima, l’Italia è l’unico paese in cui ci si senta convinti che l’arte domina davvero ogni cosa. E tale convinzione infonde coraggio».

Queste sono parole scritte da Čechov in una lettera dell’1 aprile 1891. Incredibile. 1 aprile 1891. L’Italia non si era da molto tempo unita. Ma si sono fatti passi avanti? Abbiamo compreso che l’arte nel nostro splendido paese domina ogni cosa? In pochi forse. E, cosa ancor più complessa, stiamo cercando di dare valore al nostro patrimonio investendo denaro e ricavando denaro senza impatti negativi? Sì, le intenzioni a farlo sono sempre molte, ma pochi quelli che ne sono convinti, o meglio, pochi tra coloro che possono dare determinate direttive. In quella frase di Čechov è riassunto tutta la natura del nostro paese. E non deve essere retorica, crediamoci davvero e facciamo in modo di alimentare il nostro coraggio da questa convinzione. Dietro casa nostra c’è una villa del ’500 e non l’abbiamo mai visitata? Bene, è giunto il momento di farlo, pagando il biglietto e investendo nel nostro piccolo nella conoscenza di un tesoro.

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C’è un bellissimo museo in città? L’ho già visitato quando ero alle elementari? Ma conviene andare di nuovo! Sicuramente il mio bagaglio personale è aumentato e potrò godere maggiormente la visita. Uso molto i social network? Perfetto, invece che postare sempre dei selfie mentre bevi birra e fai grigliate o “sbaciucchi” la fidanzata, posta video, foto, articoli, iniziative, presentazioni di libri, eventi e tutto ciò che desidera valorizzare la bellezza del nostro paese. Non arrendiamoci all’idea del nostro paese noto solo per pizza, spaghetti e mandolino. Siamo anche questo ma elevato a potenza, nobilitato. Per farlo, però, occorre partire dal nostro piccolo, poiché ormai, forse, da chi gestisce in sontuosi palazzi i beni culturali non possiamo aspettarci una prima mossa sensata e positiva a 360°.

Appelliamoci all’articolo 9 della nostra Costituzione, facciamolo valere. Dobbiamo essere convinti delle nostre potenzialità; convinti che si possa davvero vivere di cultura vera, senza sporcarci solo la bocca nel dirlo; convinti che se manca credibilità nei piani superiori, la si può trovare in riva al lago, in una biblioteca o in una torre medievale. E tali convinzioni infondono coraggio (#guardacomecechov), a tal punto che dovremmo fare nostre, noi italiani, le parole che ancora Čechov scrisse in una lettera del 2 febbraio 1901: «Che paese meraviglioso è l’Italia! Un paese straordinario! Qui non esiste un angolo o dito di terra che non sia altamente istruttivo».

TURISMO DI MASSA. IL “VUOTO” DELLA CULTURA

di Francesco Raimondi

In Italia riscontriamo spesso che il concetto di turismo è associato alla cultura e al patrimonio artistico. Purtroppo il turismo nella sua accezione più comune, concretizzato poi dai vari apparati amministrativi (Governo, Regioni, Provincie e Comuni), è accumunato a qualche cosa di ludico: con il turismo odierno e con l’idea che si ha di esso si rischia di trasformare ogni progetto culturale in un Luna Park. Forse perché, citando lo storico olandese Johan Huizinga, la civiltà odierna soffre di puerilismo. In ogni caso, ci riferiamo – in questo articolo – al solo turismo di massa, ben differente dal buon turismo, ossia quello consapevole.

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Così è scritto all’art. 9 della Costituzione. Si legge dunque che la Repubblica deve dedicarsi a promuovere lo sviluppo di tutto il patrimonio culturale. La Repubblica non dovrebbe promuovere il turismo di massa, bensì investire per tutelarle e valorizzare il patrimonio culturale con seri progetti di ricerca scientifica: senza inventarsi nulla! Dove c’è turismo di massa c’è vuoto! Questo tipo di turismo potrebbe essere definito anche turismo consumistico e compulsivo! In questi ultimi anni si è creduto – e tutte le istituzioni in primis – che per valorizzare il nostro patrimonio si debba aumentarne l’attrattiva turistica. Si è puntato sulla quantità e ben poco sulla qualità. Crediamo che la conseguenza più negativa del turismo consumistico e di massa sulle città o sul singolo bene culturale sia sotto gli occhi di tutti: Venezia, Firenze, Roma, ecc.. Qui, i monumenti e il patrimonio culturale mutano, si metamorfizzano. Diventano degli ibridi privi di qualsiasi valore mnemonico di utilità per gli autoctoni (cioè per i cittadini). Forse l’esempio più eclatante resta Venezia, eclissata a causa del turismo di massa: quello delle navi da crociera, quello delle ultime biennali e via dicendo. Una città che compete (in senso buono) non con altri centri europei, ma con Euro Disneyland e Gardaland! E ipotizziamo che se le cose non cambieranno, la prossima città ad essere inghiottita in questo vortice possa essere Firenze e con essa tutte le nostre città d’arte! A questo punto proporremmo di cambiare l’art. 9 della Costituzione: “Il Democratismo promuove lo sviluppo del turismo culturale. Sfrutta e mercifica il paesaggio, l’ambiente e il patrimonio storico e artistico per fini esclusivamente economici e di sviluppo economico”. Tomaso Montanari, a proposito del turismo compulsivo che divora le nostre città, scrive: “Le riserve nei confronti del turismo iperconsumistico che assalta le città d’arte italiane non derivano infatti dalle preoccupazioni per la conservazione materiale di quelle città, ma dal fatto che esso allontana le persone dal senso civico, accelerandone la mutazione in consumatori compulsivi, e trasformando il patrimonio stesso in un fattore di disumanizzazione. […] Smettendola di associare il turismo al lusso, ricominciando ad assimilarlo alla formazione”. (Tomaso Montanari, Istruzioni per l’uso del futuro, Roma 2014, p. 84).

E uno dei problemi di fondo più gravi è proprio questo: la formazione. Spesso, i prodotti culturali commerciali di oggi, realizzati per sollecitare e stimolare un turismo disumano e consumistico, contengono ben poco di formativo: dalle grandi mostre ai migliaia di Festival presenti sul territorio. Troviamo qui, l’insensata moda di costruire ad hoc eventi milionari privi però di qualsiasi reale utilità e interesse, sia a livello scientifico e storico-artistico sia a livello di sviluppo della coscienza collettiva ed individuale. Ecco allora che ogni anno assistiamo a grandi mostre reclamizzate come l’ultimo prodotto consumistico da multinazionale; a manifestazioni – leggasi Festival – creati ex novo e slegati dalla realtà ambientale, paesaggistica e culturale del luogo in cui si svolgono. Addirittura, vengono edificate nuove strutture per attività culturali, artistiche e teatrali mentre molti teatri e musei vengono lasciati cadere a pezzi. L’aspetto preoccupante di tutta questa vicenda è che questa moda delle manifestazioni per richiamare più turisti (come se fosse la panacea di tutti i mali) sta invadendo anche i piccoli comuni. Il patrimonio culturale e paesaggistico italiano, si sa, è vastissimo: anche il più periferico paese è pieno di memoria, storia e cultura. Ebbene, anche in molti paeselli di quattro mila e sei mila abitanti inizia a prendere piede questa nefasta usanza: si punta al turismo consumistico, si mira alla quantità e non alla qualità. Così nascono centinaia di eventi come quelli descritti poc’anzi. Anziché valorizzare e promuovere il patrimonio esistente, ci si inventa il nuovo, e spesso senza coinvolgere direttamente il patrimonio stesso, ma usandolo solo come location. Tali Festival e manifestazioni molte volte sono gestite da direttori artistici improvvisati: curatori amatoriali, privi di professionalità e competenza, ecc.. E, per non farsi mancare nulla vengono coinvolte, in queste deliranti e turistiche manifestazioni, Fondazioni e vari enti che sborsano milioni, assieme ovviamente a fondi pubblici. Tutto questo ha la complicità delle istituzioni pubbliche.

La smania di attirare il turismo compulsivo e consumistico anche nelle manifestazioni create ad hoc nei piccoli paesi è molta, se c’è chi ha già accostato il turismo all’Assessorato alla Cultura denominandolo Assessorato alla Cultura e al Turismo. La Costituzione Repubblicana non contempla il turismo, perché il patrimonio culturale non va mercificato; ma va tutelato, promosso e valorizzato. Questo per far sì che i cittadini diventino responsabili, consapevoli e coscienti che il proprio passato è la via per costruire un presente e un futuro di sviluppo possibile e sostenibile.

Una frase di una canzone di Franco Battiato degli anni ’80 diceva “mandiamoli in pensione i direttori artistici, gli addetti alla cultura…”. È valida ancora oggi?