IL PADIGLIONE “CENSURATO” E “L’ALTRO” VIETATO!

di Irwen War Gurb

Il fatto che stiamo per narrare è passato quasi sotto silenzio nei media nazionali, soprattutto da un punto di vista televisivo. Come notizia è “datata”, ovvero si riferisce, cronologicamente, al maggio scorso ma, visto l’attualità dell’argomento, riteniamo opportuno analizzarla e commentarla. L’episodio in questione è avvenuto alla 56esima Edizione Internazionale della Biennale di Venezia.

Il padiglione islandese, affidato ed eseguito dall’artista svizzero Christoph Büchel e curato da Nina Magnusdottir, viene pensato all’interno di una chiesa nel centro storico di Venezia: la chiesa di Santa Maria della Misericordia, inutilizzata dal 1969 e di proprietà privata dal 1973, dichiarata utilizzabile per fini profani da un decreto sempre del 1973. Lo scopo del progetto sembra voler essere dei più nobili ed elevati: stimolare riflessioni e dibattiti riguardo all’integrazione religiosa e al diritto, per ciascun fedele di ciascuna tradizione religiosa (in questo caso l’Islam), di poter avere il proprio luogo di culto: infatti, Venezia, come molte città italiane, non ha alcun luogo centrale in cui i musulmani possano pregare e officiare il proprio culto. Soprattutto visti i proclami dello stesso Occidente e del suo mondo culturale di autodefinirsi come patria delle libertà, dei diritti e della tolleranza. Ecco dunque l’idea: trasformare la piccola chiesa in una moschea, nominata per l’occasione Moschea della Misericordia. Questo progetto veramente artistico (nella forma e nel contenuto) è stato organizzato con la collaborazione del Centro Islamico di Marghera, l’Icelandic Art Center, il Ministero dell’Educazione e Istruzione e della Cultura d’Islanda, oltre alla collaborazione di Sverrir Agnarsson (presidente della Comunità Musulmana di Islanda) e della stessa Comunità Musulmana islandese.

Dal Catalogo della Biennale del Padiglione islandese: a destra, gli orari di preghiera della Moschea della Misericordia di Venezia.

Dal Catalogo della Biennale del Padiglione islandese: a destra, gli orari di preghiera della Moschea della Misericordia di Venezia.

Nonostante questi buoni propositi, la Moschea della Misericordia ha vita breve: dopo solo alcuni giorni di apertura è stata chiusa/sospesa dal Comune di Venezia e dalla Prefettura perché, secondo le autorità, non sono stati rispettati i parametri di utilizzo né è stata fatta la giusta chiarezza sull’uso degli spazi, definendo l’intero lavoro di Büchel una provocazione.

Eppure, la Comunità Musulmana di Venezia aveva dichiarato ai propri fedeli di non praticare alcun rito all’interno, dimostrando non solo profonda intelligenza e vivace capacità di intendere l’importanza e la “destinazione d’uso” del progetto, ma di saper anche intravedere probabilmente la possibilità di come davvero sarebbe potuta nascere l’occasione di rinsaldare un dialogo tra Venezia e l’Islam, dialogo che la stessa città lagunare ha sempre coltivato nel passato. Magari attivando anche un dibattito sulla reale necessità di realizzare luoghi di culto in Italia.

Sicuramente, l’intera vicenda ha dimostrato tutta la chiusura mentale delle istituzioni; non solo, anche il mondo culturale e la stessa direzione della Biennale sembrano aver taciuto in maniera imbarazzante, come affermano gli organizzatori e riportato su Il Fatto Quotidiano: «La cosa più grave, però, è che nemmeno la Biennale di Venezia ha supportato il progetto artistico, cosa che ci si sarebbe aspettati da un’organizzazione di tale importanza per l’arte contemporanea».

In un articolo apparso sul Giornale dell’Arte ci si chiede, dopo la decisione di chiudere la Moschea «Questo luogo è una vera moschea, oppure attraverso la riproduzione di una moschea l’arte fa il suo mestiere, mettendo al centro dell’attenzione un problema reale come quello dei musulmani a Venezia?»

Affermiamo subito con chiarezza una cosa: gran parte del mondo occidentale si dimostra incapace di accogliere e dare spazio all’altro e questo episodio, seppur veicolato dall’arte, ne è una chiara dimostrazione (l’ennesima purtroppo).

Perché la Moschea della Misericordia è stata chiusa (nonostante fosse una operazione artistica intelligente) e il padiglione della Gran Bretagna è ancora aperto? È più offensivo il lavoro di Büchel o quello dell’artista Sarah Lucas nel padiglione britannico dove sono esposti peni eretti e altre volgarità a sfondo sessuale e degenerate?

Ancora oggi, telefonando in Biennale, ci è stato confermato che la Moschea della Misericordia non si sa ancora se è sospesa o del tutto chiusa!

Una piccola proposta: perché non affidare le molte chiese sconsacrate o inutilizzate alle Comunità di Musulmani presenti in Italia e alle Comunità di altre tradizioni religiose per farne i loro luoghi di culto? Forse questa è una delle tante questioni che il Padiglione islandese avrebbe potuto sollevare. Questo Padiglione (chiuso o sospeso) a cui le autorità hanno silenziato la voce poteva essere certamente il carburante per alimentare una discussione attorno a questi temi. Ma, ancora una volta, una illusoria paura ha vinto; la non-coscienza ha prevalso.