A VARESE IL FAI CERCA “SOGNATORI” VOLONTARI!

di Irwen War Gurb

Il FAI lo conosciamo tutti. Il Fondo Ambiente Italiano. Per molti aspetti si può considerare come una nobile istituzione. I suoi fini risultano essere nobili. I suoi sforzi vanno sicuramente valutati molto positivamente.

Nonostante tutto ciò, ci sembra che il FAI, a volte, sia anche l’espressione del fallimento della politica statale riguardante il patrimonio culturale e ambientale pubblico: Il MiBACT è un ectoplasma e il FAI fa da supplente, spesso in maniera anche egregia, gestendo un immenso patrimonio fatto di ambiente, arte, storia.

Ma il FAI, in un momento storico come quello attuale, ha qualche cosa di sbagliato: i volontari. Sì, perché viviamo in anni in cui i professionisti dei beni culturali (storici dell’arte e archeologi in primis, ma anche archivisti, guide abilitate, ecc.) sono tanti a scapito della scarsa quantità di posizioni lavorative retribuite disponibili. Sebbene la situazione risulti critica, la lodevole Fondazione, in questo momento di forte “disagio occupazionale” in un settore come quello artistico, cerca volontari.

E’ quello che sta succedendo nella provincia di Varese, con una campagna pubblicitaria alquanto umiliante per molti giovani storici dell’arte e affini in cerca di un lavoro. Qui si cercano volontari per i siti FAI di Villa e Collezione Panza, di Villa della Porta Bozzolo e per il Monastero di Torba per le mansioni più disparate: seguire le visite guidate, accogliere i visitatori, eseguire piccoli lavori di manutenzione e di giardinaggio, organizzare e promuovere eventi! Tutta questa “ricerca” è fatta – a nostro avviso – con una campagna che lede la dignità di quanti sono senza lavoro. Infatti, nel manifesto “cerca allodole” si legge a caratteri cubitali CERCHIAMO SOGNATORI e “cerchiamo chi è innamorato dell’arte e della natura del nostro Paese e vuole contribuire concretamente a proteggerlo”. Davvero non ci sono parole!

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Ovviamente sulla pagina del sito FAI dedicata, si sono ben visti da pubblicare una simile un annuncio così “moralmente forte” (http://www.fondoambiente.it/Cosa-puoi-fare-tu/Index.aspx?q=faivolontario-volontari-cercasi-a-varese)

Ora sorge una domanda. Perché in tale Fondazione, da quello che sembra dica il sito, ci sono 216 persone impiegate e stipendiate ma si cercano volontari? Questi ultimi sono più di 7.000! (http://www.fondoambiente.it/Chi-siamo/Index.aspx?q=la-nostra-storia) O tutti prestano gratuitamente la loro persona per svolgere, come servizio benefico, un’attività nel FAI, oppure si assumono persone…senza patetiche campagne alla ricerca di sciocchi sognatori!

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Non è giusto che un’istituzione che ha dei dipendenti regolarmente retribuiti si affidi anche ai volontari. In fondo è come se un’azienda di elettrodomestici stipendi i vertici della stessa, le segreterie e reparti affini per poi affidarsi ai volontari da qualificare come operai e quant’altro!

Oggi, le uniche forme di volontariato che ci sentiamo di supportare sono quelle legate alla gratuita donazione del sangue, o del midollo spinale; o tutte quelle associazioni i cui scopi e le cui attività vengono gestite tutte da volontari che, oltre alla propria professione, decidono di “donare” altro di sé in differenti settori.

Ma se in un ambito, come quello artistico, vi sono dei professionisti che potrebbero fare – retribuiti – una determinata mansione, perché ricercare al loro posto dei semplici volontari? Slogan, ma la verità è che fanno comodo perché il costo è zero!

Crediamo che il FAI possa diventare una struttura capace di compiere grandi cose. E già oggi è in molti aspetti una magnifica realtà italiana. Ma purtroppo dietro essa si nasconde da una parte il fallimento di una politica pubblica su un patrimonio collettivo, come quello dei beni culturali e del paesaggio; dall’altra è la conferma che lavorare stipendiati nel settore storico artistico in questo paese chiamato Italia è sempre più una cosa per SOGNATORI!

No lavoro gratuito

#nonsonounumero

di Irwen War Gurb

Non sono un numero. Non siamo numeri! Ci scontriamo con una realtà e con una società che sembra vedere solo ed esclusivamente cifre; solo numeri; solo quantità. Tutto ciò che è quantificabile ha valore. La qualità è uno sterile ricordo. L’attenzione alla persona umana è un “sentimentalismo” che non ci si può permettere.

Il cosiddetto mondo del lavoro è diventato quantità. è diventato numero; il mondo del lavoro è solo produzione e il lavoratore un bullone fatto di carne ed ossa, componente dell’ingranaggio dell’economia. L’uomo che diventa schiavo obbediente dell’economia. 

nonsonounnumero

Ma io non sono un numero. Sono una persona! Un essere umano, con sogni, desideri, progetti, utopie in cui credere. Insomma, un obsoleto.

Perché chi si dedica agli studi umanistici, ma non solo, è “vecchio”, da ancien régime. Non siamo considerati a livello lavorativo. Ci avete mai riflettuto? Avete mai notato che quando si parla di lavoro, di riforme del cosiddetto “mercato” del lavoro (il che dimostra come i lavoratori non sono altro che merce), si discute solo di fabbriche, di imprese, di aziende, di metalmeccanici, ecc…?

Noi, umanisti, dobbiamo accontentarci di squallide riforme della scuola! Di concorsi scialbi e truccati!

Sembra quasi che per i vari istituti statistici non siamo nemmeno lavoratori. E per la politica siamo un enorme peso…da dimenticare!

#nonsonounumero: e lo grido! Ho una dignità. Abbiamo una dignità in quanto esseri umani. E come persone, abbiamo il diritto di lavorare. Non solo, abbiamo il sacro e santo diritto di occuparci di ciò che vogliamo: non è forse sancito dall’art. 4 della Costituzione?

Non sono e non siamo un numero. Abbiamo diritto al tempo libero per dedicarci alle passioni, agli interessi…per vivere!

Mi rivolgo soprattutto a giovani docenti o storici dell’arte, a quanti accettano supplenze scolastiche a decine e decine di chilometri di distanza da casa per soli 300 Euro al mese; o a quanti accettano stipendi e orari umilianti. Basta! Non siete numeri, non siete statistiche. Siete persone.

Non accettate lavori che vi succhiano la vita! Lavorare per 12 ore al giorno, compreso i sabati, non è vivere. Bisogna lavorare per vivere e non vivere per lavorare.

Basta stage perenni, smettiamola di accontentarci; non abbandonate battaglie, ideali, valori solo per un’illusoria promessa di “carriera” che non arriverà mai. Mi rivolgo a quanti, pur di un “posto” – anche provvisorio e concretamente senza sbocchi – si fanno sfruttare dimenticando la propria dignità e il senso di giustizia.

Dov’è la vostra dignità?

Credo, e perdonate la durezza, che la dignità della maggior parte dei giovani sia andata nel dimenticatoio! Accettano qualsiasi cosa, anche se ciò uccide la loro dignità.

Dove sono finiti i vostri sogni? I vostri progetti? Se permettiamo che ci prendano anche la dignità di esseri umani, allora i discorsi sulla speranza e sul futuro sono solo illusioni.

Ora mi rivolgo alle aziende, alle società, alle ditte e alle imprese: trattateci da esseri umani. Vi costa molto, ad esempio, rispondere alle e-mail che vi inviano migliaia di persone con curricula per un posto di lavoro? Sarebbe gentile anche rispondere in maniera negativa, purché si dia risposta. Sarebbe da parte vostra un’attenzione umana verso una persona, perché #nonsonounumero.

Cosa fare? Diciamo no ed iniziamo a pretendere! Pretendere risposte, pretendere azioni concrete, pretendere un lavoro serio e dignitoso. Pretendere! 

#nonsonounumero!

P.S.

Art. 4 della Costituzione Italiana (per i più smemorati!)

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. / Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.